-COLLANA: PaginediTeatro


Autore: Elisa Di Dio

Formato: 15x21 cm - brossura - 160 Pagine

isbn 978-88-99782-55-9

Prima edizione Novembre 2019

 

Prezzo di copertina: Euro 16,00




Prefazione

 Dieci ottimi motivi per leggere (e far leggere) Teatro al Centro

Era ora. Sì, finalmente! Trovare il tempo e il modo per raccogliere i testi teatrali scritti negli anni da Elisa Di Dio è stato un bell’impegno. Bisognava farlo, però. Per mettere ordine fra le carte, certamente, ma soprattutto per non abbandonare le pagine nel chiuso dei cassetti o peggio ancora lasciarne ingiallire i titoli nelle locandine arrotolate in soffitta.

I testi ribollivano sugli scaffali, rumoreggiavano nei file del pc, cercavano la strada per essere impaginati in formato book e letti.

Lasciatevelo dire: i copioni teatrali di per sé sono illeggibili. Pieni di appunti, tagli, quasi sempre non numerati (per mettere alla prova la memoria degli attori, probabilmente), spesso scarabocchiati da scenografi, tecnici, costumisti, tutti intenti a segnarsi suggestioni e punti salienti, macchiati di tè e caffè (tanto caffè) e alla fine resi irriconoscibili dalla stessa compagnia che il regista aggiorna fino al debutto (leggi: fino a un minuto prima dell’apertura del sipario) con tagli e nuove versioni. Insomma, a mettere in scena un testo c’è da farsi venire il mal di testa. Un garbuglio che per fortuna resta del tutto celato agli spettatori.

Quindi fidatevi, cogliete al volo la straordinaria fortuna di avere dei copioni rilegati con pagine in coerente successione. E godeteveli.

Anche perché questa è la prima (e insistentemente richiesta da più parti) pubblicazione della drammaturga, regista e attrice xibetana alla quale seguiranno delle altre.

Per forza, i suoi scritti teatrali non sono tutti qua. Me ne sono accorta, ve ne accorgerete anche voi. Vero, cara Elisa?

 

Libertà. È uno dei concetti espressi con maggiore foga e la parola che torna più volte in assoluto nei testi. Leggere per credere.

Che si tratti dell’immagine di un gabbiano, di un respiro mozzato, del desiderio di volare saltando nel vuoto o lasciandosi trascinare dal vento o ancora ingoiando un intruglio di veleni, la libertà è l’ispirazione assoluta delle opere teatrali qui proposte.

C’è una ricerca di libertà dalle barriere psichiche e mentali del mondo contro cui lottano i protagonisti e una libertà di stili di scrittura che passa dal siciliano arcaico agli slang giovanili fino all’italiano più aulico del mondo della mitologia.

Non vi annoierete tra queste pagine, sono state scritte senza costrizioni, tutte in movimento. Attenti alle raffiche d’aria fresca!

 

Impegno sociale. Niente sta qui per caso. Ci sono degli avvenimenti storici ben precisi che hanno profondamente segnato l’autrice e l’hanno spinta a scrivere quelli che sono senza dubbio dei manifesti antimafia, bandi anti femminicidio e atti di indignazione contro l’ipocrisia di ogni tempo.

L’autrice, impegnata da anni in eventi nazionali contro le mafie e a favore dei diritti delle donne, ha trovato questo suo personale modo d’esprimere la rabbia, il dissenso, l’indignazione. E non ha tenuto i suoi scritti chiusi in un diario, li ha fatti interpretare da giovani studentesse e studenti, da gruppi di donne dirette in laboratori teatrali, e persino da se stessa, incarnando nel più passionale dei modi le sue lotte.

A questo proposito, un rimando alle gallerie foto e video del sito della Compagnia dell’Arpa è d’obbligo. Per i testi non citati sul web, affidatevi al potere delle parole.


Sicilianità. Tutto avviene sull’Isola. Persino il rapimento amoroso di Psyche da parte di Eros con un asino Lucio molto sciccareddu.

L’autrice non si distacca mai dalla sua terra. E ha le idee molto chiare in merito: esiste un punto preciso in cui cielo e terra si incontrano, inferno e paradiso dialogano, mito e sacralità di abbracciano. Ed è l’entroterra siciliano dove lei è nata, lavora e vive. Enna e Calascibetta con le loro nebbie, le grandi epopee del passato, le urla dell’abbandono.

Elisa ama profondamente questo territorio e le sue storie ne sono il riflesso. Le ha raccolte come si fa con le spighe d’estate, ad una ad una, a mani nude, a volte anche ferendosi. È scesa per strada nei giorni afosi e gelidi delle processioni, ha corso tra i giunchi sulle sponde del lago di Pergusa, ha camminato sul sentiero polveroso di Morgantina, tra i rovi di Cozzo Matrice, ha parlato con madri devote, archeologi, ambientalisti, politici. E da tutti ha raccolto un’evocazione, una parola. Cercatele, le troverete sparse dentro ogni storia.


Archetipo. Lasciatemi parlare del testo - a mio avviso - giù sconvolgente e poetico di questa raccolta. Non vorrei influenzarvi, ma è più forte di me. Le mani della madre racconta di un incontro che mai nessuno aveva osato immaginare. Quello tra Demetra e Maryam, “due donne, due madri, in una fredda notte di primavera”, come si legge. “Ognuna sta in attesa, col suo carico di domande e speranze, mentre ventre, orecchie, mani si aprono ed esplorano il buio che ha inghiottito i loro nati”.

L’autrice ha immaginato il dialogo tra la madre di Kore e la madre di Cristo in un sorprendente dialogo intessuto di lamentanze. Profondamente simili perché profondamente madri.

Certo, dovete leggerlo assolutamente! In questo errare di notte alla ricerca dei figli, ci sono tutte le madri del mondo. Elisa (che non a caso è madre anche lei) così scrive: “Solo noi donne ci mettiamo in cammino per le persone, e non per le cose”.

È una maternità che fa sentire invincibili eppure “ti espone al rischio del dolore, all’aspro e all’amaro della vita”. Ecco, il mio Nobel personale va a questa meravigliosa opera, illuminante e disarmante, che merita lunga vita sia come testo evocativo che come messa in scena.

 

Donne. Sono le grandi protagoniste dei questo lavoro. Rita Atria, Maryam e Demetra, Psyche e Venere, Marianna Coffa, una studentessa, una professoressa, altre ancora. Questo è un teatro popolato da donne, scritto da una donna per le donne.

Tutte fuori dalle righe, intendiamoci. E tutte cariche di desideri che respingono i compromessi. È la cifra stilistica di Elisa: un teatro al femminile scritto prepotentemente in un’era in cui di donne sul palcoscenico se ne vedono sempre meno (e sempre meno vestite).

Cari autori teatrali, lettori e spettatori uomini, leggete con cura questa raccolta: avete tanto da attingere!

 

Ironia. Sì, questa non è una raccolta di drammi. Ci sono testi forti, molto commuoventi, lo vedrete, ma viene fuori la grande ironia che Elisa sfoggia in modo particolare nel realizzare le sue regie. Se raccoglie attorno a sé tanti ragazzi e tanto pubblico non è solo merito della potenza delle sue parole, ma della sua enorme disponibilità e di quella buona dose di ironia che pervade sapientemente i suoi gesti.

Tanto elegante nel portamento e nei modi è l’autrice (lo dico senza pena di smentita), tanto goffi e grotteschi sono certi suoi personaggi. In alcuni passaggi, non potrete trattenere le risate. Dal vivo, certi asini e certe sorelle hanno fatto sbellicare!

 

Disubbidienza. Se siete dei disubbidienti incalliti, questi testi fanno per voi. Astenersi benpensanti, giocatori di bridge (eccetto quelli che hanno imparato a barare), assuefatti lettori di oroscopi e portatori/portatrici irriducibili di rose tatuate al braccio.

Ovviamente, siete caldamente tenuti a non rispettare le mie imposizioni

 

Interpretazione dei testi. In senso teatrale. Grazie a questo libro alcune storie prendono vita. Uno dei motivi più importanti per leggerle è che potrete realizzarle anche voi. L’autrice ve ne fa dono. E sì, potrete davvero metterle in scena.

È l’incontro tra il teatro che si alimenta di letteratura e la letteratura che fa vivere il teatro. Elisa, almeno, questo libro lo ha pensato così. È il motivo di fondo più utile e importante che sta alla base della pubblicazione.

 

Obiettivo giovani. Esiste una predilezione nel cuore dell’autrice ed è quella per i giovani. Attori provetti o semplici partecipanti a un laboratorio non importa. Elisa ha sempre voluto ragazzi e ragazze nei suoi spettacoli (non ha disdegnato nemmeno i bambini, in verità).

Alcune opere sono state scritte appositamente per loro. Perché le recitassero e contemporaneamente le incarnassero. Ed è soprattutto da loro che questi testi vogliono essere letti, recitati portati in scena.

 

Mariangela Vacanti

 









 
L'autrice




Ecco, prima di tutto sarebbe meglio scrivere L’autrice ma è abitudine dura a morire quella di usare uno sbrigativo maschile per definire mestieri, attitudini, ruoli. Anche oggi, ancora oggi. Convinta della assoluta disponibilità e apertura dell’editore, direi di scrivere così:

 

L’autrice 

Già va meglio. Ma poi c’è un ma, un altro. Che significherà mai il fatto che l’autore, anzi l’autrice, debba parlare di sé in terza persona? Tanto si sa che è l’autor…, anzi, l’autrice stessa a fornire quel paio di coordinate biografiche e caratteriali, gusti, gesti, luoghi che definiscono un percorso di vita.

Quindi, senza straniamenti di sorta, vi racconto chi sono. Ci provo. In così poche righe. Un’impresa.

Sono nata a Enna da papà avellinese, Nuccio, e da mamma agrigentina, Franca: il mare greco e la verde e scoscesa Irpinia insieme, per intenderci. Alle spalle una famiglia di attrici e attori provenienti da una selva intricata di luoghi disparati, perché ogni membro della Compagnia nasceva e spesso poi moriva lì dove si recitava, dato che un tempo il Teatro lo si faceva sulle nude tavole dei palcoscenici dell’intera penisola, quando non c’erano né il Fus, né il ministero dello Spettacolo, né i versamenti Enpals, né i voli low cost per spostarsi da una regione all’altra, e tutto era una fatica immensa.

Tra le mie antenate una trisavola, Leonilde, morta in scena al calare del sipario, una bisnonna, Clotilde detta Clo Clo, che invece di raccontare le favole mi ripeteva a memoria le battute delle tragedie dannunziane; nonno Angelo, fuggito dal seminario per inseguire il sogno del teatro, realizzatosi sia recitando nella compagnia del grande Giovanni Grasso, che incontrando, qualche anno più tardi in Calabria, la Compagnia di mia nonna e, a proposito, nonna Elisa, che stringeva la pancia di sette mesi in un corsetto con le stecche per interpretare il ruolo di Floria Tosca e per non farsi mancare niente, dopo la fucilazione del suo Cavaradossi, volava serena, lei e la sua pancia, giù da un castel sant’Angelo di cartapesta alto due metri per atterrare su uno spesso strato di materassi. A seguire, il mio papà che negli anni Sessanta, nel cuore della Sicilia, in calzamaglia color carne interpretava nella Via Crucis un Cristo ieratico e luminoso, mettendo insieme, nel nome del Teatro, ragazze e ragazzi di Enna e Calascibetta, e mentre trasmetteva loro la passione per la scena non sapeva che avrebbe incarnato nella vita un’altra passione, morendo a soli trentatre anni per un male incurabile.

Ho una madre, Franca, che gloriosamente può definirsi l’unica mente salva su quella nave dei folli che è la mia famiglia; lei ci ha spinto, spronato, amato e incoraggiato a essere ogni giorno qualcosa di più, ogni giorno qualcosa di meglio.

Ho un fratello, Angelo, e una sorella, Linda, artisti e ottimi organizzatori, chi nel cinema chi nel teatro, zie, zii, nipoti, cognata, amici, e una figlia che ha sorriso subito dopo essere stata tirata fuori dalla mia pancia, una mattina del mese di luglio di quindici anni fa.

Quel sorriso mi ha rassicurato: ho trovato in Ginevra risposte alle tante ansie che mi cullano ogni sera.

Sulla mia strada ho incontrato grandi maestri sia in campo artistico che in quello storico e letterario. Sono grata a ciascuno di loro.

Insegno Italiano e Storia alle scuole superiori. Tengo laboratori teatrali nelle scuole di ogni ordine e grado su tutto il territorio siciliano, ma anche laboratori per adulti, donne soprattutto, con Asp, ERSU, associazioni di volontariato sociale e ospedaliero come la Samot. Uno fra i tanti, quello condotto per l’Asp ennese nell’arco di un triennio, con la preziosa presenza della dottoressa Adelia Martorana e la supervisione del dottore Pino Cuccì, da cui sono nati spettacoli , testi e inversioni di rotta in positivo nella vita di tante persone.

Vado orgogliosa del fatto che non solo tanti giovani professionisti oggi attivi sulla scena e nel cinema abbiano trovato la loro strada grazie a un laboratorio dell’Arpa, ma che la moltitudine di ragazze e ragazzi che ha intrapreso i nostri percorsi oggi faccia parte di quel pubblico che ama, segue, apprezza con occhio critico il teatro.

Quando recito trovo in me l’animo della docente, quando insegno sfodero dinanzi alla classe fascinazioni teatrali. Almeno così credo.

Ringrazio l’editore che ha deciso di pubblicare una raccolta di testi per il teatro, non gli mancano coraggio e temerarietà. Ringrazio Mariangela Vacanti, giornalista, anche lei autrice teatrale e cara amica che ha scritto per questa pubblicazione una prefazione che da sola vale il prezzo del libro, e l’autore della postfazione, Angelo Di Dio, presidente e responsabile delle scelte artistiche della Compagnia : Angelo ha saputo sintetizzare con stile e pochi essenziali tratti la storia dell’Arpa nata nell’88 da un gruppo di ragazzini, oggi realtà culturale di produzione e formazione permanente conosciuta e applaudita su tutto il territorio nazionale.

Scrivo su un blog, conduco una trasmissione radiofonica su una web radio, mi occupo di Ambiente, Salute, Territorio, Autori siciliani ed ennesi, Mito, Medioevo, Fiabe, Nebbia. Mi piace correre. Ma questi sono dettagli. Io sono tutto quello che ho raccontato sopra ed è per questo che sono, prima di tutto e nonostante tutto, una donna fortunata.

 

Elisa Di Dio

Enna, Ottobre 2019