Premio segnalazione  undicesima edizione del concorso internazionale Città di Sarzana

Collana Narrativa

Autrice: Stefania Rotondo

illustrazione di copertina: Studio Maurizio Vetri

Formato:15x21 cm
brossura 176 pagg.
isbn 979-12-81306-28-8
Prima edizione: giugno 2024
cat 150







Introduzione


Le donne di ‘Merli alle finestre’ rappresentano il mio cammino verso l’indipendenza, la mia fuga dalla ‘sezione medico-pedagogica’ del patriarcato, dal lager del multi-mascheramento che la società di oggi impone a tutte le donne. Come possono ‘trovarsi’ le donne oggi in una società che è al contempo patriarcale e post-moderna?


Ma credi sul serio che per amare ci sia bisogno di sapere come si ama? Il sentimento è cieco. Chi ama, chiude gli occhi’. (Trovarsi, Atto I, Luigi Pirandello).


Donata Genzi non è solo la protagonista di Trovarsi, ma è il personaggio che incarna la problematica principale che sta a cuore a Pirandello. Trovarsi è il termine che utilizza proprio l’attrice Donata, quando alla fine di ogni rappresentazione, nel camerino si toglie il trucco e si chiede chi sia la persona riflessa nello specchio. E si rende conto che le riesce impossibile trovare dietro la maschera del personaggio appena interpretato, una identità che sia propria.

Le protagoniste di ‘Merli alle finestre’, sono donne, che a differenza di Donata, nonostante le innumerevoli maschere che sono costrette dalla società a indossare, cercano a loro modo e per come possono, di mantenere la propria identità.

Per conciliare l’identità di donna e il ruolo di madre, moglie, lavoratrice, amica, figlia, sorella, rivoluzionaria, combattente, ci vuole un essere speciale. Ci vuole un’interprete magistrale che rappresenti personaggi differenti, sullo stesso palcoscenico, nello stesso tempo, nella stessa commedia.

L’attrice Donata Genzi, secondo i personaggi in scena, è una donna scontenta, inquieta, è un’attrice, non una donna. Recita nella vita e non solo. È peggio. È una donna che recita anche nella scena. Non è una donna, è tante donne. È un’attrice che soffre per l’abnegazione, negando se stessa per ‘darsi tutta ai personaggi’, questo dicono. Come fa un’attrice a non farsi prendere dai personaggi? Anzi, dovrebbe acquisirne l’esperienza. Ma l’esperienza che si fa recitando, spesso non corrisponde all’ideale che ci siamo fatti. Diventa allora confusione, trasformandosi in dolore di un amore mai sperimentato effettivamente.

E dunque l’amore di cui Donata ha tanto bisogno e che percepisce come caos, dove lo trova? Lo dovrebbe apprendere dall’esperienza dei suoi personaggi, perché come dice un personaggio in scena, ‘Credi davvero che per amare ci sia bisogno di sapere che si ama? Tutte le donne vogliono saperlo. Per un’attrice sarà o una disillusione o immaginazione. Ma non c’è bisogno che lo sappia. Basta che lo intuisca in base al copione che recita. Se lei invece lo sente, non lo vedrà mai. Il sentimento è cieco. Chi ama chiude gli occhi’.


In molte donne di ‘Merli alle finestre’, invece l’amore è il vento rivelatore, che sferza il caos scatenato dalla disillusione e dalla immaginazione delle numerose maschere che sono costrette a recitare, che permette loro di conoscersi, facendosi da esso attraversare, che ne scombina il copione. Molte di loro sono Donata Genzi, nostalgiche della loro anima bambina, ormai lontana, che riscoprono nonostante le innumerevoli maschere che la società impone loro, sono semplici creature, che la vita ha complicato e cambiato. Donne che si rendono conto che è necessaria un’identità reale dalla quale possano emergere sentimenti propri. Donne in perenne stato di agitazione che preferirebbero ripararsi dal vento, che preferirebbero recitare piuttosto che interpretare se stesse e che sembrano non trovare una via di uscita. Ma alcune di loro la trovano, o almeno ci provano. Amano seguendo la vita pulsante, amano riconoscendosi, essendo semplicemente se stesse, non elargendo amore secondo copioni, chi a un modo che a un altro, avendo il coraggio anche di capire che non è possibile affidare la propria identità a relazioni nelle quali l’altro capo non rappresenta sicurezza e che egoisticamente vorrebbe intrappolarle in una parte che recitino solo con esso, considerandole ‘roba mia’.

No. Il sentimento non è cieco. L’amore va sentito, non recitato per convenzioni sociali. Si ama chiudendo gli occhi del pensiero ed aprendo quelli dell’anima, riconoscendo la propria identità e accogliendosi ed accogliendo. E questa è una caratteristica prettamente femminile. Ma molti uomini possono impararla, moltissimi di loro già la praticano. Il patriarcato non è solo subìto dalle donne ma anche dagli uomini, costretti ad essere forti, ad essere soldati, costretti a non dover dimostrare i loro sentimenti.


Non amo il termine ‘femminismo’, pur riconoscendo che oggi sono quella che sono, solo grazie alle lotte femministe. Credo che nel mondo profondamente mutato degli ultimi 50 anni, il termine femminismo sia anacronistico. Io adoro invece un termine inesistente nel vocabolario: ‘antropo-filismo’, che è un sentimento di simpatia e ammirazione per la cultura umana. Tutta. Indipendente dai generi e dalle latitudini terrestri. Questa forse è l’unica occasione che ci ha dato la globalizzazione. Guardare all’essere umano, all’antropos, come un individuo unico, senza barriere culturali e di genere.

Antopofilismo dunque, non più femminismo o maschilismo. Mescolanza di beatitudine e di dolore, di conoscenza e amore. Di femminilità e di mascolinità. Un movimento, un atteggiamento di vita, uno sporcarsi le mani con la realtà, che ridesti il rispetto per e delle donne ma anche per e degli uomini, tutti, e che permetta di riconoscere il grande bagaglio di esperienza e di emozioni del colorato universo femminile, fatto di sogni, di lacrime e riso, di amore e anche odio, di forza e fragilità. Le donne non devono essere ‘come gli uomini’, devono essere invece ‘uguali agli uomini’. Non devono indossare solo le maschere della guerra, ma anche il vestito scomodo della fragilità come solo loro sanno fare. E devono insegnare a farlo anche agli uomini: ai figli soprattutto, perché siano in futuro compagni di vita e padri migliori.

Come fanno allora le donne a Trovarsi?  

Alcune di loro ci riescono, gli viene naturale. Altre no. Si perdono.

Alcune di loro sono forti come soldati, generose come le amiche e le sorelle migliori, compassionevoli come le amanti più disinteressate. Altre invece sono fragili e trasparenti come cristalli, calcolatrici, manipolatrici, ipocrite come i peggior uomini.

Ma fortunatamente nella vita di ogni donna c’è un’epifania, una rivelazione, che le permette finalmente di Trovarsi, di ribellarsi, ma talvolta purtroppo anche di soccombere, di accettare, pur combattendo il proprio destino.

Le donne nel Trovarsi, mettono in pratica una forma di resistenza che non è altro che urlo della vita. Hanno il coraggio di ribellarsi credendo alla libertà, non dimenticando però ciò hanno sempre saputo fare: la cura degli altri e la solidarietà. Da sempre custodi del privato, abituate a occuparsi della vita affettiva propria e dei familiari, mettono sul palcoscenico il loro personaggio migliore, che è la ‘donna’, che non ha bisogno di sapere come si ama; chiude semplicemente gli occhi. E anche per le donne ‘peggiori’, verrà prima o poi il giorno di volare come ‘Merli alle finestre’, il giorno in cui smetteranno di vedersi allo specchio, e finalmente si guarderanno.


  









L'autrice


Stefania Rotondo (Roma, 1970), dopo aver conseguito il diploma di maturità classica, intraprende la professione di estetista.

Dopo una diagnosi di carcinoma mammario nel 2014, decide di stravolgere la propria vita. Riprende i suoi studi classici e comincia a scrivere poesie. Dopo aver partecipato ad alcuni corsi presso la ‘Scuola Holden’ a Torino, si cimenta nella scrittura di racconti. Partecipa a numerosi concorsi letterari con poesie e racconti, conseguendo prestigiosi premi.

Nel 2022 decide di conseguire un attestato professionale rivolta all’assistenza ai disabili fisici e psichiatrici. Attualmente è la sua professione.

Non si definisce una scrittrice. Crede nella funzione sociale della scrittura, che lei considera denuncia.

Attualmente frequenta il DAMS presso l’università Roma Tre di Roma. Il suo obiettivo è scrivere per il teatro rivolto a donne e disabili.